
Intervista a Vincenzo Balsamo       (Tratto da: G. Granzotto, Monografia, Anno 2000, ed G. Corbelli)
           
 Arriviamo a Verona per incontrare Balsamo un lunedì di giugno che, per sole ed afa, si direbbe un giorno 
di piena estate. La casa è proprio in centro città, in un bel palazzo cinquecentesco. Il suo studio: tanti 
quadri alle pareti, altri accatastati a terra, alcuni finiti, molti in via di preparazione. Balsamo non riesce a 
star fermo: ci mostra le sue ultime opere e quelle degli inizi, ancora figurativi; ci spiega i suoi progetti, ci 
porta di stanza in stanza.
È preoccupato che dalle grandi finestre filtri abbastanza luce perché il fotografo possa fare il suo lavoro; 
bisogna riprendere questo e quel quadro, dal momento che ogni pezzo è l'attestazione di un periodo ben 
definito del suo lavoro.
"Vede, ho aperto e chiuso cinque periodi distinti nella mia attività pittorica. Tendo a sperimentare 
moltissimo e quando riesco a trovare la mia strada, il passato e quello che ho fatto prima non mi 
interessano più, vado avanti per quello che sento dentro. Guardi qui: le nebulose degli anni '70, le 
decomposizioni, i filamenti con aerografo, sono opere raramente pubblicate e mai portate ad una mostra, 
perché sono cose solo mie. Mi sono servite per trovare ciò che sto seguendo oggi, ma allora non mi 
piacevano ...
È come con la scultura. Da quest'anno mi sto interessando anche a quella, ma devo ancora studiare, 
capire cosa voglio veramente. Verrà col tempo, non ho fretta."
La sintesi segnica di oggi deriva da tutte queste prove, allora?
Anche, ma soprattutto deriva da quello che provo, dal mio pensiero personale. Credo molto nel lavoro di 
ricerca: mi è capitato, anni fa, di fare quadri che anticipassero i lavori di adesso, ma allora non li avevo 
capiti, non potevo capirli, perché non avevo ancora ben chiaro cosa volessi raggiungere...
La sintesi?
Sì la sintesi, ora sono sempre più proiettato verso la sintesi. Per esempio, oggi sto sintetizzando e 
analizzando la tecnica del Cubismo e del Futurismo, e porto avanti secondo un mio dicorso preciso. La 
scoperta più importante per me è stata quella del Futurismo, la mia maturazione è avvenuta con Braque e 
Picasso, ma tengo a precisare che non mi sono mai interessato a movimenti e correnti specifiche, non mi 
sono mai ispirato a qualcuno. Forse solo negli anni '50-60, quando vivevo a Roma, e frequentavo gli artisti 
della Scuola Romana. Ma ero giovane, e i giovani, si sa, guardano sempre agli altri.
Il periodo romano...
Ah, lì ho passato il periodo più bello della mia vita.
Gli si illuminano gli occhi, e mi concede uno dei suoi rari sorrisi.
Zizzari (Angelo Zizzari, il gallerista) aveva aperto una galleria a Trastevere, proprio a Trastevere, un 
posto dove nessuno si sarebbe mai sognato di aprire una galleria. Mafai e Vespignani abitavano lì vicino; 
la sera arrivavano Monachesi, Moretti, Vangelli, Penna, a volte anche Pasolini, e si parlava di arte, si 
discuteva, si sperimentava.
Poi Zizzari si trasferì in via Margutta, e diventò un marguttiano, mentre io nel '63 fui scelto, assieme ad 
altri, per rappresentare l'Italia a Parigi. Per me è stato un sogno: ho visto gli Impressionisti ed Fauves, 
Picasso...
 Ed anche Klee e Kandinsky, suppongo.
Lei mi chiede se mi sono ispirato a Klee e Kandinsky?
Vede, questi abbinamenti sono soprattutto dei critici; pensi che Klee non mi piace particolarmente. Ho 
trovato stimolante Mirò e anche Kandinsky, per via del colore, ma in realtà il colore mi deriva dalla 
vicinanza alla Scuola Romana.
Forse non appartengo alla storia dell'arte io, sono me stesso e basta.
È un pittore puro, quello che vive solo nei suoi quadri?
Certamante. Ogni opera contiene qualcosa di me: ci sono le canzoni napoletane, i miei sogni, la musica... 
Le mie origini mediterranee, per esempio, determinano la luce che inonda i miei quadri. Il bianco delle 
case, l'aria di mare, uno ce li ha sempre dentro. Ho fatto dei quadri, mai esposti, quasi bianchi, perché mi 
porto dietro il candore di Brindisi. Io vivo per il mio lavoro. Non ho amici, sto bene solo ed isolato, lavoro 
quindici ore al giorno senza stancarmi.
Non voglio sembrare troppo orgoglioso, ma di Balsamo falsi non ce ne saranno mai.
Prego...?
Sorride.
Il lavoro che faccio, nessuno lo può copiare; la preparazione della tela è talmente lunga e meticolosa, che 
sfido chiunque a provarci.
Mi spieghi come nasce un suo quadro.
È un percorso lungo, ci metto dei giorni per preparare solo il supporto.
Faccio prima un lavoro di fondo, una spugnatura diciamo, con pennelli speciali, seguito da una retinatura 
che dà quel senso di applicazione divisionista; poi ancora una spugnatura. Quindi la tela va pulita dalle 
imperfezioni. Infine comincio a disegnare con pennelli finissimi, per creare un reticolo di linee che man 
mano si infittiscono... o si dissolvono. Oggi tendo a smaterializzare il segno.
Parlava del Divisionismo...
Già, Previati e Segantini. Amo molto Segantini, uno dei più grandi pittori italiani che secondo me avrà 
ancora molto da dire. Ma il mio non è Divisionismo puro, non prendo alla lettera la teoria della 
scomposizione del colore. Utilizzo questa tecnica a modo mio, senza esserne schiavo. Mi serve per dare 
vibrazione al tutto, all'insieme.
Stiamo parlando di pittori che ammira. Ce ne sono anche tra i contemporanei?
Burri, Fontana, Veronesi, Radice. Tra tutti però preferisco Dorazio, per la sua capacità di animare il 
colore e per la sua tecnica. Credo che Dorazio sia ancora troppo sottovalutato in Italia.
Un'ultima domanda. Perché non mette mai i titoli alle sue opere?
L'ho spiegato parecchie volte... e forse vorrebbe che fosse l'ultima.
Non metto titoli perché voglio dare facoltà a chiunque guardi un dipinto di leggere solo ciò che lo attrae. 
Un titolo obbligherebbe lo spettatore a vedere con i miei occhi, ed è proprio quello che non voglio. Gli 
esseri umani sono diversi, hanno fatto percorsi differenti; non voglio imporre loro le mie esperienze... mi 
basta sapere che provano qualche emozione davanti ad un mio quadro.
                           
                        
                        
                         
  Elisa Parma
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