nel febbraio-marzo 1971, ed. Galleria "Le Arti".  | 
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Testo critico del catalogo      Con il che non si assume che l'artista miri ad annullare 
totalmente la misura oggettiva della natura: diremmo, invece, che 
la natura gli rappresenta il giustificante pretesto per fissare un 
processo astrattivo che promuova in certo qual modo una 
reversibilità dei valori formali. Così come è assai bene espresso 
nel dipinto «Paesaggio in autunno» (del '67), dove appunto i 
segni della figuratività trasmutano in equivalenti non figurativi. 
Un'eguale contrazione dei valori originari in accezioni ricostituite 
si ha, inoltre, nella libera espressiva del colore che tende il più 
delle volte ad escludersi dalla pania del tono locale per 
determinarsi come puro organismo in sé autonomo, disposto - 
vale a dire - verso un'armonia sicuramente indipendente.       Pertanto, non verificandosi un sensibile distacco dalle nozioni 
comuni, offerte appunto dalla natura, e tale da condurre il motivo 
compositivo nella rigorosa sfera dell'astrazione, ne consegue che 
la pittura di Balsamo si incentri essenzialmente nell'elaborazione 
e nella trasformazione dell'oggetto in pura forma: forma che se 
dissimula i caratteri didascalici delle apparenze sensibili, infine 
non ne distrugge l'intima essenza.        Tuttavia, anche se immerso nel clima assai severo delle 
riduzioni formali, l'artista di tanto in tanto si riconduce ai cieli 
dell'emozione e stempera il suo fiato lirico nell'evidenza più nota 
della realtà: ecco, allora, il gettito improvviso  -  e incontrollato, si 
direbbe  -  di alcune nature morte. Fitte di elementi e illividite di 
colore, incastrate e tassellate in un ritmo serrato, macinate dalle 
contrazioni di una geomatria cubista «autre» o ancora 
linearmente distese nelle distribuite assonanze cromatiche, 
ovvero raccolte in quella misura cézanniana che risolve 
l'immagine nella campattezza degli oggetti, stretti in un unico 
nucleo figurale.       Anche qualche paesaggio assurge dal fondo di questa 
pienezza poetica e ne mostra la sostanza nelle esplicite dichia- 
razioni narrative che il giuoco distillato e drammatico della luce e 
dell'ombra e la lava della materia aggrumata conducono peraltro 
ad effetti non totalmente descrittivi. Così per tutte le composizioni 
di fiori, aperti ad una solarità intensa, ridotti ad un'esplosione di 
colore.       Ma  l'ingegno del pittore si consuma sempre in un graduale e 
cosciente processo all'essenziale. Va detto, pertanto, che 
l'eleborazione continua ed inesausta del motivo - che possiamo 
agevolmente rilevare specie nelle opere recenti - apre le porte ad 
un risultato chiaramente riduttivo dell'immagine. Sia per zone 
che per masse e per stesure ampie e digradanti nel tono come 
nelle infiorescenze materiche (si veda il felice dipinto 
«Solitudine», del '65, di largo respiro permekiano),qui il 
paesaggio discopre i suoi umori più interni, raggiungendo una 
dimensione indipendente, ma non eversiva, che - peraltro - si 
rispecchia senza rossore nei valori identificati e identificabili 
della realtà.       Ricostruito e rattificato il processo della percezione diretta 
proprio in virtù dell'immediatezza del fare pittorico, ecco 
determinarsi i valori interpretativi della realtà. E non è soltanto la 
forma a concludere l'espressione, ma anche il colore con i suoi 
strati timbrici in un alternante contraccolpo di corposità luminose. 
E la materia, ancora, grave e perenne, che gravita sulle masse e 
le assimila, riducendo lo spazio compositivo alla più estrema e 
legittima misura formale.   | ||