Catalogo, in lingua italiana, inglese e francese, a cura di D. Davvetas, della Mostra al "Decouvertes-Port de Versailles" di Parigi nel marzo 1994,
e alla Galleria "ValenteArteContemporanea" di Finale Ligure, ed. "G. Corbelli" di Brescia.





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Testo critico del catalogo


"Vincenzo Balsamo"

Nel ventesimo secolo, attraverso l' influenza reciproca delle diverse espressioni figurative, ma anche grazie alla mescolanza qualitativa tra i ritrovati tecnico-scientifico e l' arte, la pittura ha superato i confini dell' esercitazione estetica (nel semplice significato del bello) per toccare la dimensione linguistica. L' arte stessa funziona ormai come uno strumento artistico linguistico. Il garbuglio creativo dei confini tra bidimensionale e tridimensionale, tra quadro e spazio, tra superficie e profondità, ma anche tra i corpi artistici (per esempio disegno, scultura, collage, scrittura, fotografia ecc.), ha portato all' ampliamento formale e concettuale della pittura.
In particolare i rapporti lingua-immagine, parola e scrittura, insieme alle esperienze dei diversi mezzi espressivi tecnico-materiali, i significati, ma anche l' influenza diretta della quotidianità e dei ritrovati, hanno ormai trasformato la pittura in un campo d' esercitazione in cui i diversi elementi fondamentali della realtà figurativa si muovono e si organizzano incessantemente, come i numeri e i significati o come i materiali molecolari nel loro vagabondare cosmico.
Lo spazio pittorico è ormai il prodotto di un' ibridazione figurativa di mezzi e materiali, di superficie e di profondità di significati per la conseguente ricerca di un dire pittorico con una ricerca aperta ma strutturata e mobile. Essa si trova di conseguenza al servizio della ricerca di un' articolazione concettuale flessibile e ben modellata, e non semplicemente e soltanto al servizio dell' illustrazione del fascino pseudoestetico.
è questo il percorso che caratterizza l' opera di Vincenzo Balsamo. Nelle sue opere esistono due elementi che potrebbero essere considerati come prototipi del suo lavoro, cioè come la base intorno alla quale e attraverso la quale si fonda tutto l' intreccio del dire pittorico dell' artista. Questi elementi basilari sono la "luce" e la "linea".
Entrambe costituiscono le chiavi della struttura figurativa delle opere: la prima con la sua discreta ma incessante e universale presenza, qualcosa come un abbraccio meraviglioso, in tutti i dipinti dell' artista. (è il respiro della sua cifra pittorica). La seconda, come quell' elemento ottico- materiale grazie al quale si struttura la realtà formale di questa cifra ed entro la quale abita lo spirito. Ma consideriamo separatamente ciascuno di questi due elementi basilari.
Comincerò dal secondo.
Se, dunque, la "linea" (sia retta, sia curva, sia che proceda a zig-zag in diverse direzioni) fin dalla sua comparsa sulla superficie pittorica indica la volontà di partecipazione come traccia nella memoria e di conseguenza nel divenire storico, del pari questa "linea", a seconda delle diverse forme che assume (dalle forme geometriche al disegno di numeri, figure o elementi fisici) ha un comportamento duplice: disarticola e concettualizza. Ma vediamo: anzitutto, che cosa disarticola? Basta guardare bene le opere di Vincenzo Balsamo. In esse, la "linea" sembra voler pescare momenti fondamentali della storia dell' arte attraverso le forme dei diversi segni che possono indurre qualcuno a pensare a Kandinsky, a Mirò, a Paul Klee, o ancora alla pittura dei precursori russi dei primi del secolo.
Ma non si tratta di imitazione. Si tratta semplicemente di una mnemo-esca per far abboccare l'occhio neotico (cioè intelettivo) dello spettatore, e per indurlo a porsi delle domende. Perchè cioè cominci a mobilitare i suoi pensieri e la sua problematica. In altri termini, perchè attivi il suo stato mentale. E ciò perchè più di ogni altra cosa il gesto pittorico di Balsamo è un gesto di proiezione intellettuale, una radiografia dei momenti fondamentali della storia dell' arte. Queste mnemo-esche dell' artista servono sì a pescare diversi momenti della civiltà, ma li mostrano differenziati, tramutati. La "linea" pittorica schiude i segni già noti, li amplia, li spezza, li presenta come forme aperte che non hanno una sola interpretazione, ma diverse. Questi segni si convertono in forme continuamente aperte, nella materia del vagabondare creativo.
Ciascun segno frammentario non finisce inutilizzato, ma diventa un luogo sul quale o dal quale potrebbe avere inizio una costruzione incessante, una rete e un reticolo infinito di frammenti, qualcosa come un' architettura forte e mobile. Ma questa micro-disarticolazione non nasconde un sentimento distruttivo, ma soprattutto uno spirito distaccato e creativo di fronte alle cose della storia e della civiltà già note.
E qui arriviamo all' interrogativo della concettualizzazione. Che cosa concettualizza la "linea"? In quanto gesto pittorico, concettualizza questo: il materiale storico e le sue possibili trasformazioni attraverso il suo riciclaggio nell' opera dell' artista resta un 'avventura creativa. Concettualizza inoltre l' uso multiformemente interpretativo e neomatico (cioè relativo al senso) dell' opera; e ancora concettualizza la fiducia che solo attraverso l' esperienza del mondo tecnico-materiale possiamo comprendere che la realtà materiale è una proiezione intellettiva, che l' arte è una "causa mentale", ma anche che allo stesso tempo l' arte è in relazione col mondo e con la consistenza molecolare dell' universo. E inoltre concettualizza che, almeno nel caso di Vincenzo Balsamo, tutto questo mondo pittorico fenomenico del suo linguaggio, tutta la sua sintassi figurativa e la sua architettura reticolare, nella sua dinamica variabilità si allaccia con e si muove dalla "luce", ciò che qui può essere visto come lo spirito creativo delle opere.
Basta cominciare a osservare l' intrigato percorso della "linea": allora, certo, poco alla volta si perderà - o meglio, ci si perderà - nel labirinto ottico della superficie pittorica. Si perderà al vista. Si entrerà "dentro" il quadro e si vedrà con gli occhi dell' intelletto. Così si comincerà a scoprire i mocrocosmi di questo arcipelago strutturale delle opere, ma contemporaneamente ci si renderà anche conto di quanto sia nomade la loro struttura pittorica. Le avventure di un vagabondaggio interiore attraverso i diversi momenti della storia dell' arte diventeranno così materia di ricerca per lo spettatore. La "luce" è ciò che circonda con calore discreto tutta questa complessa fenomeniche ottica pittorica. La "luce" è ovunque, come spirito dell' opera, come energia, come movimento. Non come luce naturale, ma intellettiva, come rafforzamento di civiltà. Senza il minimo didattismo o narratività, senza la minima tematicità lirica, l' opera di Vincenzo Balsamo ravviva i segni di una memoria storica collettiva, e ce li consegna come materiale da trasformare, come elementi che possono tornare utili come materiale riciclato, per un nuovo gesto creativo.
Al di là delle vecchie antitesi figurativo-astratte, l' opera di Vincenzo Balsamo è una sorta di de- costruzione ( e così fatalmente, un' offerta di materia per una possibile composizione), una sorta di arricchimento nel percorso di ricerca della pittura come "lingua".

                                                                                                         Demosthenes Davvetas Top

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